Ecco la domanda più frequente nei colloqui di fine percorso!
Vediamo se riesco a rispondervi tra parole e immagini…
Con le palle ci conosciamo, e lo facciamo in gioco, nel piacere del mio corpo che si muove nel lanciare, riprendere, rincorrere, rotolare, accumulare.
La palla diventa un’amica, da tenere sotto braccio, da tenere vicina, che mi sostiene e mi da fiducia quando ho bisogno di rassicurazione, che mi accompagna nella scoperta del mondo quando la voglia di esplorarlo è inarrestabile…
Poi arrivano i cerchi che mi circondano e mi delimitano, che definiscono un dentro in cui scoprirmi e un fuori da osservare.
Di tante misure e di tante consistenze, mi permettono di invitare qualcuno nel mio spazio o di tenerlo fuori, di giocare con la solitudine, che un po’ mi spaventa e un po’ mi nutre.
Le corde mi prolungano nello spazio, mi unisco a qualcuno che è lontano. Mi danno anche dei limiti, io provo a sfidarle ma loro mi tengono, forti e sicure.
Con la carta mi immergo in un mare di emozioni, ci vado dentro, cade dall’alto come neve, la attraverso con coraggio o la osservo da fuori con timoroso interesse, costruisco un nido morbido in cui stare, da solo o magari vicino a qualcuno.
I cuscini mi accolgono con la loro morbidezza, a volte su di loro persino mi addormento, ma li posso anche lanciare, non fanno male, e accumulare, in alto o in orizzontale, costruiscono percorsi o torri da abbattere.
Lo scatolone è la mia gioia, lo batto come un tamburo, mi accoglie come una casa, è una macchina che mi porta a spasso, un treno che viaggia, una nave che salpa per magiche avventure.
Quando arrivano le stoffe sono già un po’ più grande, mi vesto e mi travesto, mi presento all’altro fiero di me, sperimento tante identità… chissà quale sarà la mia?
Ringrazio l’Atelier dei Piccoli che mi da un tempo adeguato e una fiducia incontrastata per costruire insieme ai bambini un percorso che li veda protagonisti attivi del loro percorso di crescita.
Che non crede nei progetti lampo solo per far vedere che facciamo cose…che crede nella lentezza. Oltre una logica consumista e accumulatoria di esperienze, mi permette di accompagnare il bambino rispettando i suoi ritmi e non quelli di una società che ha sempre maggior fretta.
Perchè i “giochi” da fare sono tanti e si chiamano VITA.
Dada Sara – psicomotricista
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