Capita sovente: un laboratorio prende il via, si osservano i bisogni dei bimbi, si dà forma e sostanza alla strutturazione del laboratorio, si aggiusta il tiro, cambiando quello che non funziona e quello che è troppo (o troppo poco), e il laboratorio sembra filare per il verso giusto. I bimbi partecipano, hanno compreso il gioco, si divertono, si esprimono. E noi dade sembriamo scivolare nel corso delle settimane, pur con le solite fatiche e gli imprevisti quotidiani che ci sono in un asilo. 

Poi, qualcosa cambia: arriva un momento, in cui si inizia a percepire un senso di ripetitività nel laboratorio, di acqua un po’ stagnante. Le reazioni e le dinamiche dei bimbi diventano sempre le stesse, i giochi sono ripetitivi e legati al fatto che ormai hanno capito come funziona e il contesto non li aiuta ad uscire da questa sorta di comodità; il senso di pienezza interna scema, il corpo non ha voglia di partecipare, la mente e il sentire vanno altrove.

Forse si potrebbe anche andare avanti cosi, o cercare quella  magia quando si decide di guardare con più attenzione le piccole cose che succedono, e si percepisce che può essere il momento di cambiare qualcosa. Per rimettersi tutti in movimento e in gioco. 

Questo è ciò che abbiamo vissuto quest’anno con la danza nel gruppo misto. Abbiamo sperimentato un modo diverso di ballare: ogni giovedì, ha  ballato un gruppo di bambini di età diverse, insieme, da 1 a 6 anni. Come unire tante competenze, bisogni e spinte differenti? Visto che il gruppo è nuovo e si vuole creare un’esperienza diversa , utilizziamo ciò che abbiamo e conosciamo: la strutturazione del laboratorio di danza usata per il nido ci viene in aiuto, con i suoi riti di inizio e fine, i giochi con il corpo e i materiali utilizzati. Inizialmente i bimbi accolgono positivamente questo nuova opportunità ed emergono aspetti molto belli ed interessanti: i bimbi più piccoli, si sentono a casa, sono liberi, possono sperimentare il ballo e il movimento con più sicurezza e competenza; fanno giochi nuovi o risperimentano vecchie strategie per vedere se funzionano ancora e entrano in relazione in modo diverso con le dade e con gli altri bimbi.  Quelli più grandicelli, superati l’imbarazzo iniziale si concedono di uscire dai movimenti stereotipati, dal controllare la situazione, ritornando a ballare come quando erano piccoli, per riprendere un filo che vuole essere riassaporato ed integrato.  

Circa a metà percorso però, iniziamo ad osservare che il materiale viene usato solo per personificare gli stessi personaggi, spesso di cartoni animati o film, i giochi diventano una ripetizione fine a se stessa, le dinamiche con le dade ormai obsolete. E quindi che facciamo? E’ bastato uno sguardo, due parole e via: togliamo i tessuti che usiamo per giocare, togliamo quello che non è essenziale e che ormai è diventato un po’ una scusa per proteggersi e vediamo cosa succede. 

Una piccola rivoluzione:  siamo tutti spiazzati, intimoriti, qualcuno vorrebbe nascondersi, qualcuno si blocca e non riesce a ballare; per altri l’adrenalina sale e iniziano le corse matte nella sala, segno di paura ma anche di eccitazione, di spazio di opportunità! Interveniamo noi dade, rimettendoci in gioco anche noi. Siamo qui per ballare, giusto? Balliamo di più, con più onestà, entrando in relazione con i bimbi con maggiore presenza, cercando ti trasmettere la rassicurazione e la possibilità di osare. Il gioco del ballare ritorna ad essere in pochissimo tempo divertente e coinvolgente: di nuovo non esiste il movimento giusto o sbagliato, si può prendere un po’ di coraggio e sperimentare un po’ di libertà in più, un po’ di forza in più, un po’ di intimità in più con l’altro. Se ne vanno i personaggi dietro cui nascondersi, e tornano i bimbi, con le loro caratteristiche spontanee, con la loro voglia e il timore di farsi vedere per ciò che sono. Ritorna l’ entusiasmo e la bellezza dello stare insieme, dell’emozionarsi per una nuova avventura.

In fondo basta poco per creare qualcosa di nuovo e di diverso, che dia nuovamente entusiasmo e crescita in ciò che si sperimenta.

Dada Francesca