Sono quasi tre anni che non partecipo ad una gita con il gruppetto di bimbe e bimbi dell’Atelier dei Piccoli e, guarda un po’, l’ultima volta ero stato proprio qui, al parco dell’Alboreto del Pilastro, e sempre a fine ottobre!

Ah chiarisco, a scanso di equivoci, che vi ho partecipato, in entrambe le occasioni, in veste di fotografo, non come bimbo eh?! E questo grazie alla lunga e salda amicizia e rispettosa stima che mi lega a Pamela e ad alcune altre preziose e valide dade.

E così, macchina fotografica alla mano e occhio nel mirino, ho piacevolmente documentato, attraverso il mio personale punto di vista, sguardo e sensibilità, le avventure del nutrito gruppetto camminante, in questa mattinata del giorno di Halloween 2024.

Da subito, una manciata di piccoli esploratori della Natura sono stati incuriositi dall’oggetto che ho in mano, una reflex Canon grande quasi come la loro testa, tutta nera peraltro, il che può, giustamente, mettere un filino di soggezione; oltretutto, essendo io un “dado nuovo”, vengo visto con ulteriore…circospezione.

Se anni addietro ciò poteva mettermi a disagio, ora invece non sento più tale sensazione di fastidio, e quindi mi lascio guardare, osservare, studiare, lasciando  loro il tempo di prendere confidenza con questo nuovo “grandone” che passerà qualche ora con loro.

Alcuni si avvicinano, altri restano a distanza, altri ancora… sembra proprio non siano interessati alla mia presenza!

Dopotutto, mica siamo tutti uguali, no? Non abbiamo le stesse risposte o comportamenti a seguito di una data sollecitazione esterna; nel ricordarmi di ciò inizio a scattare le prime immagini, durante il saluto dei genitori e i primi momenti di cammino all’interno dell’Alboreto.

Per me, abituato a camminare in Appennino tra salite e discese, vette e valli mi sembra strano camminare in un ambiente pianeggiante, tuttavia questo luogo emana un discreto fascino anche su di me, probabilmente per la particolarità e le caratteristiche con cui è stato realizzato.

Forse è proprio questo che colgo anche nei piccoli, nel dipanarsi dei minuti: curiosità e fascino nell’osservare quel dato albero o arbusto, si alternano a momenti di timore o preoccupazione nel passare in una zona ombrosa più buia o nella sensazione di spaesamento emersa nel trovarsi in un luogo completamente nuovo e quindi diverso dal noto, amichevole e rassicurante giardino dell’Atelier.

Intanto seguo il gruppo che alterna momenti statici come il cerchio iniziale di parole e canzoni o la lettura di albi illustrati, il gioco della ghianda per chi ne ha voglia che mette in gioco tante emozioni e competenze e infine la merenda e il pranzo,  ad altri di spostamento, tante corse, momenti di gioco libero e esplorazioni.

Quello che cerco di ricordarmi, ad ogni scatto, è di mettermi nei loro panni, abbassarmi alla loro altezza o anche più giù… prima di premere il pulsante di scatto perché forse così riesco, ma è solo una mia ipotesi, a…vedere con i loro occhi, ad immergermi nel loro mondo percettivo e sensoriale in modo da essere più empaticamente coinvolto nell’azione.

Siccome il gruppo è numeroso e anche, a volte, sparpagliato, alcune mie foto sono scatti rubati da lontano, altre volte invece molto ravvicinati; questa alternanza mi permette di allenare lo sguardo, “il mio sguardo”, a prestare attenzione tanto al dettaglio:“ooohhh guarda guarda! Una farfalla Vanessa Atalanta che si riposa sullo zainetto”; quanto alla visione di una ampia porzione del parco, fissando sul sensore elettronico della Canon attimi e momenti che non torneranno più.

Sì, perché le foto hanno questo incredibile, immenso potere: congelare per l’eternità una frazione di vita.

E il fotografo, io in questo caso specifico, riveste un ruolo molto importante: decide l’inquadratura, la composizione, i parametri tecnici e poi…click!

Mi rendo sempre più conto che questa magnifica, vitale sensazione è piuttosto evidente nel fotografare le fasce di età più piccole, quindi mi diverto proprio a “fare una scorpacciata” di tutto ciò, e probabilmente la mia euforia contagia qualche bimbo e bimba che vuole cimentarsi in qualche scatto.

E io li assecondo, dando loro i primi micro-rudimenti di fotografia digitale.

E se qualcuno di loro diventerà un rinomato grande fotografo, mi auguro che si ricorderà di me 🙂

La mattinata trascorre veloce e serena, allietata dal sole che ci viene a scaldare proprio a cavallo del pranzo in stile pic-nic, ognuno con le prelibatezze preparate a casa da mamma o papà, seduti a terra su teli e coperte. Che bello raccontarsi storie scambiandosi il cibo e scoprendo gusti nuovi e idee differenti! Quanta ricchezza in un gesto semplice e quotidiano.

Ormai anche questa gita volge al termine, e io, a malincuore, saluto con qualche ultimo scatto così da avviarvi verso casa, ma non senza aver prima ringraziato loro per l’opportunità concessami, ancora una volta, per guardare il mondo da una altra finestra che non siano i miei occhi, ma i loro.

“Vedere” con i loro occhi, ecco.

Dada Marco – fotografo – guida ambientale escurionistica